Ulivo, il custode del Mediterraneo tra siccità e rigenerazione: quale futuro?
di Maria Pia Iurlaro
È un albero che racconta storie di civiltà, pace e lavoro. L’ulivo ha plasmato i paesaggi del Mediterraneo per millenni, radicando cultura e identità. Ma oggi questo gigante silenzioso affronta una delle sue sfide più difficili: sopravvivere – e prosperare – in un mondo che cambia.
Nelle colline bruciate dal sole della Puglia, della Sicilia, della Grecia o dell’Andalusia, gli uliveti soffrono. Le ondate di calore sempre più frequenti e la cronica scarsità d’acqua stanno mettendo a dura prova la pianta che per secoli è stata simbolo di resilienza. Ma l’ulivo non è invincibile.
La siccità estrema compromette la fioritura e riduce la pezzatura delle olive. Il cambiamento climatico ha alterato i cicli fenologici, rendendo più difficile prevedere raccolti e qualità dell’olio. In Puglia, la resa media negli ultimi tre anni è calata del 20%, secondo dati di Coldiretti. E a questo si aggiunge un nemico invisibile ma letale: la Xylella fastidiosa, un batterio che ha già ucciso milioni di alberi .
Scoperta nel Salento nel 2013, la Xylella è ormai considerata uno dei più gravi flagelli dell’agricoltura europea. Colpisce i vasi linfatici della pianta, bloccando la circolazione dell’acqua fino al collasso. «Induce un danno essenziale e quindi la morte delle piante», spiega il fitopatologo Francesco Porcelli dell’Università di Bari.
Ma la risposta non è stata solo la rimozione forzata degli alberi infetti. La ricerca ha sviluppato cultivar resistenti” capaci di convivere con il batterio. Oggi in Salento stanno crescendo nuovi uliveti resilienti, frutto di incroci genetici e tecniche agronomiche avanzate.
In molte regioni italiane e spagnole si stanno sperimentando metodi di agricoltura rigenerativa, che puntano a ricostruire la fertilità del suolo, ridurre l’uso di input chimici e aumentare la resilienza delle piante.
Nei campi si usano droni per monitorare lo stress idrico, sensori per analizzare umidità e qualità del suolo, e intelligenza artificiale per ottimizzare irrigazione e potature.
In controtendenza rispetto all’agricoltura intensiva, si sta riscoprendo il valore degli ulivi monumentali, spesso abbandonati o sottovalutati. In Toscana, Umbria e Sicilia crescono progetti di recupero di uliveti storici, con approcci che valorizzano la qualità rispetto alla quantità.
Progetti di oleoturismo e storytelling stanno trasformando l’ulivicoltura in una nuova frontiera del turismo rurale.
Il paradosso è che mentre la qualità cresce, il mercato spesso non premia gli sforzi dei produttori. Il prezzo dell’olio EVO oscilla tra alti e bassi, e la concorrenza da Tunisia, Turchia e Sud America è forte. Servono politiche agricole più lungimiranti, investimenti in marketing territoriale e tutela delle DOP e IGP.
L’ulivo è il simbolo perfetto del tempo che viviamo: radicato nel passato, ma chiamato ad adattarsi in fretta. Resiste, ma non è eterno. Chiede cura, innovazione, visione. E se lo ascoltiamo, può insegnarci molto: sulla resilienza, sulla sobrietà, sull’importanza di fare sistema.
In fondo, se c’è un albero che ha attraversato guerre, imperi, epidemie e desertificazioni, è proprio lui. E forse è proprio dall’ulivo che può rinascere un nuovo modo di fare agricoltura: più giusto, più sano, più sostenibile.